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E’ un viaggio sciagurato e impervio quello dei migranti che con il loro bagaglio di cultura e di speranze approdano sulle nostre sponde e ne sono immediatamente ricacciati. Come belve feroci, essi vengono battuti, incatenati, imprigionati. Proprio nel momento della loro maggiore fragilità, (la fuga, la mancanza di un domicilio certo, i pochi scapoli di vita raccolti nel bagaglio), questi individui vengono percepiti come pericolosi, estranei, destabilizzanti. La paura è l’unico sentimento con il quale l’uomo occidentale li accoglie, paura che genera violenza.
L’uomo che si sposta inseguendo una speranza è ricco, il suo viaggio diviene una ricerca, il suo tempo infinito e il suo bagaglio è la storia. L’uomo occidentale teme questo tipo di ricchezza poiché è diventato un uomo che non ha più tempo, che dimentica la storia con spaventosa superficialità. Le sculture che compongono l’allestimento di Riccarda Montenero vanno guardate da vicino, poiché le sue valigie contengono messaggi, frammenti scritti e gli orologi segnano la forzatura che il tempo caotico dell’occidente impone su quello dilatato dell’oriente.
Attraverso l’animazione digitale in treD, Riccarda trasforma le sue sculture in elementi simbolici e metafisici, i “Clandestini” sono tutti gli uomini oppressi nei secoli dalle ingiustizie, dai regimi totalitari, dalle persecuzioni razziali.
Ruggero Maggi racconta attraverso il video “Passo a Passo” la storia di un microcosmo naturale e caotico, nel quale ogni elemento contribuisce però al crescere della struttura e alla sopravvivenza dei singoli componenti. Un universo governato da una apparente casualità, nel quale ogni percorso ha invece una logica.
Ugualmente, l’uomo occidentale ha organizzato la propria vita secondo 

procedure rigide, codici, direzioni. Eppure l’efficientismo esasperato genera ansia e frustrazione, perdere tempo viene stigmatizzato come una colpa, la noia si trasforma facilmente in depressione.
Abbiamo creato mappe per ritrovarci in ogni punto del globo con estrema precisione, eppure spesso non conosciamo la direzione che ci regge internamente, il nostro significato sulla terra.
Uno spunto di chiarificazione lo introduce lo stesso Maggi quando dichiara che “ il caos va oltre alla conformazione prettamente fisica della vita e invade il terreno della stessa coscienza umana per regolare, in una successione di eventi solo apparentemente casuali, la nostra esistenza”.
In questo flusso bizzarro e imprevedibile che è la vita trovano spazio sentimenti positivi, come l’accoglienza, l’amicizia, l’amore e emozioni negative come l’odio e l’incomprensione.
Un punto di incontro tra i “migranti” e gli abitanti del mondo occidentale prende forma attraverso delle piccole mani di terra realizzate da Maggi, mani che si cercano e che accudiscono i disperati, tentano un contatto intimo, una comunicazione. Le mani sono sopra e sotto la terra, sono le mani stesse dei clandestini e dei loro carnefici/salvatori. Entrambi provengono dallo stesso humus, povero e fertile.
L’installazione è diventata teatro di una performance estemporanea di Kappa, sulle musiche originali di Gioia Fruttini. La performer ha creato un ulteriore legame tra i due autori alternando frammenti veloci e sincopati a movimenti lenti e drammatici, a commentare il ritmo dei due video e il filo rosso che li unisce.

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